LE ARGONAUTICHE
Dall’opera di: Apollonio Rodio
Regia e drammaturgia: Domenico Castaldo
Assistente alla regia: Katia Capato
Con: Katia Capato, Domenico Castaldo, Ettore Scarpa, Davide Curzio, Claudio Sportelli, Matteo Audi-Grivetta
Abiti di scena: Rossana Dassetto-Daidone
Oggetti di scena: Cristian Mele, Raffaella Brusaglino
Una produzione: Laboratorio Permanente di Ricerca sull’Arte dell’Attore e SantiBriganti Teatro
«Pelia era re di Iolco, in Tessaglia. Per liberarsi di Giasone al quale avrebbe dovuto restituire il trono (ma Giasone non lo sapeva) lo mandò alla conquista del vello d’oro…»
Questa è l’opera letteraria. Nella realtà una parte di me avverte attorno a sé Pelia, lo riconosce nella società attuale. Esso non ci obbliga realmente ad affrontare un viaggio molto pericoloso, ma si sa che per far sopravvivere una parte libera e creativa di noi stessi occorre accettare un viaggio che ci porta fuori dai territori “quotidiani”. Si fugge dunque a bordo della nave-teatro. Si affronta un cammino sconosciuto percorrendolo lo si crea. Mentre mi avvicino al vello d’oro questo non è più la meta e perde la sua iniziale importanza. Importante è l’impulso alla conoscenza, alla scoperta di se stessi incondizioni stra-ordinarie.
Le Argonautiche ed il nostro viaggio di scoperta corrono paralleli, l’uno è metafora, l’altro è realtà. Si viaggia con il ritmo di chi cerca di apprendere. Si seguono impulsi che nascono dal desiderio, dalla memoria, dal ricordo di un momento speciale del passato, in cui tutto fu abbandonato per iniziare qualcosa. Quegli attimi della nostra vita in cui da un giorno all’altro si decise chi saremmo stati. L’istinto ci fece preferire quanto ci era sconosciuto. E’ un moto ribelle, che si sottrae alle autorità, e supera in un campo che non appartiene loro, è scelta di autodeterminazione di sé e del proprio futuro. Il viaggio ci separa dagli di abusi di potere per lanciarci in un viaggio esemplare. Ci si stacca dal mondo per osservarlo ed essere tra coloro che hanno cercato di cambiarlo.
Il viaggio iniziatico
«Il giorno in cui si arresterà il vostro cammino allora partirete davvero. E farete precipitare il sole.»
da “L’Homme qui parle”, di Mario Vargas Llosa, 45
Per volere del re Pelia, sovrano di Iolco che teme per la propria vita, Giasone, parte a capo dei Minii (Peleo, Eracle, Mopso, Ida, Castore; Polluce, Orfeo, e decine d’altri figli di dei e re) parte sulla nave Argo alla conquista del Vello d’oro. Per volere di un re che teme per la sua vita… guidare un viaggio alla ricerca di un Vello d’oro. Non so bene cosa sia per noi. Certamente esiste ed è un desiderio primordiale. Un impulso che nasce dalla memoria, dal ricordo di un momento speciale del passato, in cui tutto fu abbandonato per iniziare qualcosa. Più che la cosa iniziata è l’insieme delle forze che s’innesca nell’attimo dell’inizio – attimo raro, di spinta e caduta – la sottile meta del nostro viaggio.
Le Argonautiche sono un nuovo inizio per lanciarsi nel mare delle possibilità, fidando negli auspici favorevoli, certi del valore dei compagni di viaggio e pronti a soccombere.
Gli argonauti
«Zeus signore, qual è il pensiero di Pelia? Dove spedisce, fuori di tutta la Grecia, un tale stuolo d’eroi? Questi il giorno stesso darebbero fuoco alle case di Eeta, se non consegna loro di sua volontà il vello d’oro. Ma inevitabile è il viaggio, e dura la loro fatica.»
da “Le Argonautiche”, di Apollonio Rodio, I 242, 246
Gli eroi di Apollonio Rodio hanno una caratteristica nuova nel panorama dei poemi classici, tremano di paura, vacillano, non desiderano altro che il ritorno ed ogni loro sforzo è in funzione di questa soluzione. Gli argonauti sono al centro di un progetto che sta sopra di loro, li coinvolge e trasporta altrove. Due anime muovono le loro scelte: Eracle e Giasone. Invincibile eroe, tutto forza e temerarietà il primo e vulnerabile il secondo, suscettibile di sconforti ed angosce, vittima del volere di Era, che ha sentenziato la morte di Pelia. Gli olimpii tutti favoriscono gli argonauti, ne proteggono l’impresa. Li aiutano dove i mortali non sopravvivrebbero, ne spianano il tortuoso cammino. Nel mare che attraversano sono inermi, semplicemente uomini, suscettibili. Le molte guide che incontrano sul cammino ne conducono i passi ed essi seguono, eseguono. Ad ogni sbarco onorano gli dei e questi non li trascurano. Questa specifica caratteristica, il tema dell’ineluttabilità del destino, un mare sul quale ci s’imbarca o si è spediti è lo spirito in cui ci siamo riflessi, altrettante incertezze ci prendono e dubbi di fronte ad un mare fatto di possibilità ed esigenze.
Le metamorfosi
«L’estro mi spinge a narrare di forme mutate in corpi nuovi. Oh dei – anche queste trasformazioni furono pure opera vostra – seguite con favore la mia impresa e fate che il mio canto si snodi ininterrotto dalla prima origine del mondo fino ai giorni nostri.»
da “Le Metamorfosi”, di Ovidio, I 1-4
«Siate transeunti»
da “I Vangeli gnostici”, dal Vangelo di Tommaso, 42
Mare calmo, in tempesta, fiumi, isole e boschi, battaglie, amori, partenze e arrivi, animali e decine di personaggi compaiono nel racconto delle Argonautiche. L’azione viene costruita come un flusso continuo, si muove al ritmo delle metamorfosi.
I mutamenti trasformano lo spazio scenico, ogni attore da un personaggio all’altro e il moto invisibile dell’essere umano, il sentire che può rendere un uomo “pietra di paura” o “fiume di lacrime”.
Come si arma, imbraca, vira una imbarcazione grande come Argo, come si cammina sul ponte, come si rema, come si entra in un porto, come si viaggia a vele spiegate; come si attraversa un ponte di legno su un baratro, come contiene una pagoda, quanto pesa, come si muove un bosco… decine di domande come queste ci si affacciano ogni giorno durante il lavoro. Stiamo creando un metodo: dall’attenzione di ognuno, attraverso la sincronia e la precisione dei movimenti, l’immaginazione stimolata nel nulla di uno spazio vuoto evoca. Evocare significa: “Richiamare dal mondo dei trapassati per facoltà medianiche” oppure “Ricordare, celebrare” (vocabolario della lingua italiana Zingarelli), un’operazione di bizzarra sottigliezza, d’ironica comprensione, di fede e fiducia.
Genealogia dello spettacolo
Nell’agosto 1999 Domenico Castaldo e Katia Capato scelgono il testo di Apollonio Rodio e strutturano “in azione” l’embrione de Le Argonautiche. Il lavoro esige la presenza di altri attori. Il Laboratorio Permanente di ricerca sull’Arte dell’Attore diffonde un bando di selezione sul territorio italiano ed europeo raccogliendo numerose richieste di partecipazione. Previo colloquio i candidati sono inseriti nel gruppo dei selezionando. Hanno inizio quindici giorni di lavoro intenso, nel dicembre 1999, dando forma all’attuale organico scelto per la predisposizione dei candidati al mestiere dell’attore, alla disciplina quotidiana, all’attitudine per il lavoro in fieri. Lo spettacolo si plasma e consolida nel tempo, con delle prove che si aprono per tutto il 2000. Il debutto avverrà poi agli inizi del 2001, presso il centro Le Serre di Grugliasco (TO). Le Argonautiche sono state in tournée italiana ed internazionale, partecipando a festival di grande rilievo artistico e teatrale, quali ad esempio Primavera dei Teatri, Santarcangelo, il Festival Internazionale di Teatro Bitei a Chisinau in Moldova.
Lo spettacolo Le Argonautiche ha percorso un cammino di ricerca legato alla formazione degli attori, ai mezzi espressivi e teatrali, utilizzati e scoperti nel corso dell’opera. Questo ha significato che dalla narrazione dell’evento, il viaggio alla conquista del vello d’oro secondo Apollonio, siamo giunti a percorrere un vero e proprio viaggio iniziatico il cui (s)oggetto erano Giasone e gli Argonauti. Quindi lo spettacolo s’è mostrato al pubblico nel corso degli anni in almeno tre progressive versioni, le cui differenze – sottili per il pubblico in quanto non variavano la struttura principale della messa in scena, fatta di canti, suoni, azioni fisiche, evocazione insomma – sono state molto coinvolgenti per gli attori, messi alla prova da una complessa partitura fisica, e da un sempre più personale percorso di conoscenza.